Il nostro "Rivivere" quotidiano
Giandomenico Cortese ricorda l'amico Bruno Zamberlan.
Zamberlan e Cortese hanno condotto per oltre trent'anni la rivista Rivivere rispettivamente nel ruolo di Direttore Editoriale e di Direttore Responsabile. Giandomenico Cortese ha voluto ricordare l'amico scomparso la primavera dello scorso anno.
Il nostro “Rivivere” quotidiano
Quando comincia l’uomo? Hanno chiesto a Claudio Magris, il saggista triestino, il giorno in cui gli hanno assegnato il Premio Internazionale “Dialoghi sull’uomo”. Non è semplice una definizione. L’uomo – in sintesi la sua risposta - “è creatura che sconquassa sempre”. Non è facile definire l'uomo e, per farlo, occorre considerarlo nella sua unità e nella sua totalità, corpo e anima, cuore e coscienza, pensiero e volontà. Diventa quasi impossibile ritrarlo, se non cogliendo qualche sfaccettatura. Qualche pennellata dunque, per raccontare Bruno Zamberlan, il valore e l’identità del suo impegno, dopo quello professionale (bancario di mestiere) e politico-amministrativo, vissuto negli anni della maturità, e riassumere il tempo dedicato, fuori dalla famiglia, al volontariato sociale.
Affiorano sentimenti, emozioni e ricordi di un “uomo intero”. Guerriero di pace, lui combattente per la solidarietà, visionario dell’esistenza.
Il valore di un uomo si misura dalle cose che crea, dalla misura, dal senso in cui ha raggiunto la liberazione da sé. Alla prova dei fatti, Bruno si è speso per una vita intera, con le sue dedizioni e le sue relazioni, con forza e tenacia, determinazione e coraggio, nella cultura del dono, mirando in alto per vivere la vocazione, con grande rispetto per gli altri. E’ stato uomo di valore e di valori.
“Se incontri un uomo di valore, cerca di rassomigliargli. Se incontri un uomo mediocre, cerca i suoi difetti in te stesso”, è il suggerimento di Confucio.
Uomo d’impeto. Determinato e schietto. Egli, magari inconsciamente, si affidava alla prudenza saggia e virtuosa, riecheggiando l’”Adelante, Pedro, con juicio” del Manzoni, ripreso ne “ Promessi Sposi”, che contrasta arroganza, superficialità, sconsideratezza, imprevidenza, negligenza, avventatezza, immediatezza istintiva.
In dialogo con lui siamo rimasti in molti, negli anni, alla luce del dono, nel respiro della vita, con la passione per far “star bene” gli altri, per condividere la gioia della rinascita, sui successi della scienza, la determinazione della ricerca, per fare ed essere associazione.
L’AIDO era diventata la sua casa. Bruno, spigoloso quanto basta, paziente sui grandi tempi, umile di una umiltà consapevole, concreto e sincero, disgustato dalle ipocrisie, sapeva interrogarsi sul senso della vita (la apprezzava pure nei piaceri della convivialità, dello stare insieme, di cantare insieme) e sui limiti del sapere. Era in grado di seminare buone intenzioni, e coltivarle non solo in propositi. Certo, a tratti sembrava rude, era granitico. Ma quando lo solleticavo sui temi dell’armonia e dell’equilibrio, modulava i toni e magari si commuoveva se gli citavo i poeti o insieme sceglievamo le stupende fotografie di Cesare Gerolimetto, Roberto Costa e perfino di Gianpiero Mattarolo, interpreti di una natura incantata che ci piaceva proporre nella rivista.
Quante storie abbiamo raccolto e, quante volte, riascoltandole, abbiamo sentito di avere gli occhi lucidi. Quanti sguardi attoniti, sorpresi, curiosi abbiamo incrociato negli incontri con i giovani, nelle scuole della provincia, nelle riunioni dei gruppi, quando ci presentavamo alle comunità locali per parlare di AIDO, di trapianti, di consenso informato.
Erano dialoghi sulla dignità nella speranza di vivere il tempo dell’uomo. Consapevoli che ogni uomo è una infinita possibilità.
La sua famiglia, orgoglioso di Adele, delle sue figlie, di quei 13 affezionati nipoti, era la certezza di un futuro carico di speranza.
E’ stata la nostra, un’amicizia costruita sul campo. Ci conoscevamo dagli anni Settanta. La frequentazione più assidua è avvenuta nella redazione di “Rivivere”, accanto all’allora presidente provinciale Germano Attilio Moro, a Ferdinando Celi, a Luciano Mari e Giovanni Bianchi, e poi, soprattutto, quando la sua responsabilità nell’AIDO (dieci anni dopo l’uscita del primo numero della rivista) è divenuta prassi quotidiana.
Ricordo, fra tutte, le puntate asiaghesi, emblematiche, con il coinvolgimento di Mario Rigoni Stern, uno dei primi iscritti non solo in Altipiano,che andavamo a trovare con un altro Mario Rigoni (“Patatela” stavolta, sindacalista convinto, che si addolciva nei toni quando si parlava della cultura del dono), o del regista Ermanno Olmi, altro straordinario cantore dell’umanità per il quale pure l’Apocalisse avrà un lieto fine.
Bruno Zamberlan (al centro) con Giandomenico Cortese (a destra) e il regista Ermanno Olmi (a sinistra).