Renato Angonese, una vita vissuta al servizio della comunità

di Maurizio Boschiero

“Chi trova un amico trova un tesoro…” aveva scritto Renato Angonese in apertura del suo ultimo libro “Il secondo socio di maggioranza” dato alle stampe in fretta per i motivi che ben si possono intuire.

Mi era stato chiesto un contributo ed io per stargli vicino e per “respirare” quei momenti, ben volentieri avevo accettato. Momenti importanti fatti di parole, di sofferenza e di silenzi, da cui qualche volta non era facile uscirne. Tutto in un mese o poco di più tra la consegna alle stampe e la presentazione in una serata piena di amici, medici, paesani, associazioni e chi per affetto ha voluto esserci anche venendo da lontano. Tutto giocato sul filo della malinconia e dei ricordi con quell’affetto che colorava le parole e rendeva gli interventi pieni di tenerezza.

Renato è sempre stato un Uomo di coraggio che condivideva la sua forza come fosse un dono prezioso: come a dire…”avanti sempre, al di là di tutto”. Ha vissuto sempre la sua malattia come fosse un compagno di viaggio, a cui anche dover rendere conto, senza però mai una parola stonata contro la sorte. A volte crudele. E sì che ne aveva passati di ricoveri in ospedali fin dai primissimi giorni della nascita, per poi finire trapiantato di rene nel 2001. Una vita complicata, ma sempre vissuta al di là di tutto. Con gli studi e l’università, l’impegno con gli Universitari Costruttori, i viaggi, l’insegnamento nella scuola e l’impegno totalizzante nel giornalismo attivo su tanti fronti: sportivo, storico, locale, ambientale, umano.  Aveva attenzione per tutto e per tutti e una memoria e una lucidità folgoranti. Innumerevoli le associazioni a cui dava il suo contributo locali e non: Aido, Avis, Aned, Ana, Nuova Montagna Caltranese, Protezione Civile…e tanto altro ancora.

Con Renato ci eravamo conosciuti alla fine degli anni ‘80, io giovane padre, lui maestro di mio figlio alle elementari di Chiuppano. Ci davamo del lei, come si usava in quelle circostanze. Un rapporto rispettoso ma anche piacevolmente coinvolgente. Ci incontravamo casualmente anche ai margini di qualche evento locale e parlavamo delle nostre passioni: la terra, l’ambiente, la comunità, la storia. Pian piano il nostro rapporto si è evoluto in qualcosa di più profondo, corroborato dalla stima, per sfociare poi in amicizia. Profonda e rispettosa. Nelle mie avventure letterarie mi è sempre rimasto accanto, con articoli, consigli e stimoli. Senza mai gli fosse chiesto niente. Raramente si riscontra questo in un Uomo, così impegnato, così diverso. Il nostro è stato un rapporto totalizzante, pieno di rispetto e di attenzioni. Cementato anche da quel libro, scritto insieme, che l’amministrazione di Caltrano ci aveva proposto. Mai una parola in più, mai uno screzio, mai qualcosa fuori posto. Aveva una fede profonda, vissuta con impegno e testimonianza anche in quei viaggi a Lourdes come accompagnatore dei malati. Per tanti anni per tante volte. Sempre a disposizione dei meno fortunati su quei treni che diventavano ospedali e casa, ma anche luoghi di incontri indimenticabili che mi raccontava. Quante storie, quanta vita, condivisa con la sofferenza, ma anche momenti di leggerezza quando raccontava dell’amico Delfino Sartori, fraterno collega, venuto a mancare solo 15 giorni prima di lui. Negli ultimi mesi la sofferenza si era fatta pesante, lenita in qualche modo da farmaci e da presenze famigliari. Gli facevo visita perché avevo bisogno di condividere del tempo con il Maestro. Parlavamo per quello che si poteva, ma di più parlavano i silenzi, pieni però di occhi che guardavano e di mani che chiedevano e che forse pregavano.  E lo sguardo si posava su quel Cristo appeso davanti alla porta di casa costruito con una radice trovata nel bosco. Un Cristo contorto e complicato a cui forse affidavamo i nostri pensieri più profondi. Poi Renato se n’è andato in un respiro, un sospiro appena più profondo quasi un soffio di vento. Gli abbiamo messo tra le mani una bottiglietta di acqua benedetta, una manciata di terra e un fiore di campo. I segni di una devozione e della sua passione per la natura. Quel giorno in chiesa per il saluto, tanti stendardi, tante persone, autorità, sportivi e giornalisti, medici e gente comune.

E preghiere: una su tutte quella dell’Aido

Signore, Iddio Tu che dall’alto vedi le misere sofferenze umane;

Tu che hai sacrificato tuo figlio per la salvezza dell’umanità,

Tu che hai fatto l’uomo libero,

libera me dall’egoismo e concedimi di rendere ai fratelli sofferenti ciò che tu mi hai dato.

Fa che una parte di me, dopo la mia morte, renda felici altri esseri colpiti da malattie e bisognosi di trapianti.

Dammi la gioia di donare….

 

Quello che Renato aveva seminato era lì come una messe che si inchinava davanti alle sue spoglie.

Caro Renato, mi piace pensare a te come ad un fiore che libera i semi nel vento per nuove terre e nuovi frutti.

Sei come l’aria che quando si respira sembra così facile e normale, ma quando comincia a mancare…l’affanno è troppo grande.

Grazie di tutto.

Grazie da tutta la comunità.

(tratto da Rivivere n.71)

 

 

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